ATTENTATI DI PARIGI: UNA VISIONE CHE DEVE ANDARE BEN OLTRE ALL’EUROPA

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Ale Galli

Ale Galli

Responsabile comunicazione Tu@Saronno
Membro Commissione Sicurezza per Tu@Saronno. Mi occupo anche di mobilità sostenibile e partecipazione, ambiti che vorrei la politica prendesse maggiormente sul serio.
"In nome di chi?", chiede il biglietto che accompagna la rosa in un foro di proiettile del  Bataclan.

“In nome di che cosa?”, chiede il biglietto che accompagna la rosa in un foro di proiettile del Bataclan.

Tu@Saronno si unisce al cordoglio dei tanti che, in questi giorni, hanno sottolineato la drammaticità degli attentati di Parigi che seguono i vari attentati occorsi in questi ultimi anni, prima di al-Qāʿida e poi dell’ISIS. Fatti di sangue terribili che hanno portato nuovamente nel cuore dell’Europa un fortissimo senso d’insicurezza e di paura per la propria incolumità che non si respirava dai tempi della Seconda Guerra Mondiale e che permette ai terroristi di raggiungere uno dei primi loro obiettivi: seminare il panico. Tuttavia, al netto delle reazioni di pancia, l’attività terroristica dell’ISIS nei confronti dell’Europa dev’essere circostanziata correttamente e inquadrata in una visione più ampia, prendendo atto – al di là di falsi storici e considerazioni populiste di opportunismo politico che non vorremmo avere letto – che non è l’Europa ma il Medio Oriente l’obiettivo principale dello Stato Islamico.

Molti islamici hanno condannato i fatti di Parigi con la campagna social "Not in my name".

Molti islamici hanno condannato i fatti di Parigi con la campagna social “Not in my name”.

Come spiega bene Mario Giro su Limes, l’obiettivo del Califfato non è quello di espandersi in Europa, ma quello di realizzare l’unità dei musulmani contrapponendo innanzitutto la visione sunnita, di cui rappresentano la falange più integralista, a quella sciita. Quelle che viene indicata da molti politici come “guerra di civiltà e ai nostri valori” è in realtà la semplificazione grossolana di una realtà molto complessa che vede innanzitutto i musulmani combattere tra di loro. Oggi l’ISIS è in guerra con Iraq, Siria, Giordania, Libano, Emirati Arabi e Turchia (anche se in realtà non ufficialmente, dato che le azioni sono concentrate contro i peshmerga, attestati a Kobane, vicino al confine), ed è considerata una costante minaccia per tutti gli stati dell’area. Cellule del califfato sono attive in Egitto, Libia, Afghanistan, Nigeria (dove ha stretto accordi con la terribile organizzazione Boko Haram), Somalia, Uganda. Quello che abbiamo visto a Parigi è solo una briciola degli orrori seminati dall’ISIS, se è vero che la sola guerra in Sira, che coinvolge perlomeno i lealisti di Assad, i ribelli, l’ISIS e i peshmerga curdi, ha portato alla morte di quasi 250.000 persone, di cui circa 90.000 civili. I rifugiati siriani, di cui molto si è parlato negli ultimi mesi, sono circa 4 milioni.

Il titolo di Libero, per cui il direttore Belpietro è stato denunciato, è lontanissimo dalla nostra visione.

Il titolo di Libero, per cui il direttore Belpietro è stato denunciato, è lontanissimo dalla nostra visione.

La strategia della guerra come unica opzione, che molti invocano come se non ne avessimo avute abbastanza, si è dimostrata nei quindici anni trascorsi dall’11 settembre a oggi assolutamente fallimentare. Le missioni di peacekeeping in Afghanistan e Iraq hanno lasciato paesi devastati e tutt’ora in guerra, la campagna in Libia ha gettato il paese nell’anarchia più totale con conseguenze che ci toccano da vicino. I morti italiani in queste operazioni, dal 2001 a oggi, sono 95: un tributo di sangue che non ha portato però a una maggiore stabilità nelle aree interessate, se è vero che gli attentati continuano, crudelmente, in Europa e nel mondo.

Allora è chiaro che qualcosa deve cambiare. Come spiega bene il documentario realizzato di VICE e disponibile via web su Sky “Dentro l’ISIS”, guerra, povertà ed emarginazione sociale sono il terreno di coltura più fertile per la diffusione dell’integralismo islamico e il reclutamento di attentatori, sia in Medio Oriente, sia in Europa (i cosiddetti “foreign fighters”). Aggredire queste situazioni è il modo migliore per combattere il terrorismo: nessuno che si sente integrato nella società e che può guardare con fiducia al futuro proprio e dei propri figli penserebbe mai di farsi saltare in aria. La stabilizzazione del Medio Oriente, che riteniamo debba avvenire per via diplomatica, è la prima via per lo smantellamento delle condizioni di nascita del terrorismo, cui si devono accompagnare eventuali e circostanziate operazioni militari condotte a carattere internazionale e non in maniera disordinata come avvenuto finora, con USA, Francia e Russia a procedere sulla scorta di machismo e vendetta piuttosto che su di un piano strategico preciso e condiviso.

Chi invoca la guerra pensando che sia una questione che riguarda soprattutto l’Europa, semplicemente, non ha idea di che cosa stia parlando. I drammatici fatti di Parigi non si evitano portando altrove morte e distruzione, cosa che significherebbe un’escalation militare in questo momento. La nostra Costituzione ripudia la guerra. Morire in Siria, in Libia o nel Mediterraneo non è meno drammatico che in Francia o in Italia. A meno che non ci si accontenti di guardare solo a sé stessi, chiudendo gli occhi di fronte alle tragedie che avvengono altrove. Ma allora verrebbe da chiedersi quali siano i grandi valori attaccati dai terroristi che qualcuno vorrebbe difendere attraverso nuove guerre. Fortunatamente, Fulvio Scaglione, vicedirettore di Famiglia Cristiana, traccia con estrema forza e chiarezza un quadro preciso della situazione, inchiodando politici, parolai e potentati alle proprie responsabilità.

La nostra opinione è che, anche in questo momento di grande dolore e coinvolgimento emotivo, serva avere la capacità di distinguere tra chi è terrorista e chi no, chi è criminale e chi no, auspicando che ci sia sempre da parte di tutti, compresi i musulmani italiani (come avvenuto nel caso del Centro Islamico saronnese), una presa di posizione intransigente e limpida verso quelli che sono crimini contro l’intera umanità.

Alessandro Galli – Tu@Saronno

Un pianista senza nome ha suonato “Imagine” di John Lennon, davanti al Bataclan, il giorno dopo gli attentati, portando il suo piano a coda con una bicicletta.

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